NOW YOU SEE ME MORIA

NOW YOU SEE ME MORIA è un progetto iniziato dalla fotografa ed editor spagnola Noemí, che vive e lavora nei Paesi Bassi. Noemí ha notato le fotografie di Amir, un giovane rifugiato e fotografo afghano che viveva nel campo profughi da un anno, e gli ha proposto di dare alle immagini una più ampia visibilità per attirare l’attenzione sulla situazione disumana di Moria. Si sono uniti altri quattro fotografi: Ali e Mustafa dall’Afghanistan, Qutaeba dalla Siria e Reza dall’Iran. In seguito, anche altri residenti hanno aderito al progetto e hanno iniziato a fotografare la propria situazione. Hanno documentato la loro vita quotidiana nel campo; nelle fotografie i profughi giocano a calcio, cucinano, lavano i piatti e ballano, ma le difficili condizioni del campo sono visibili e inevitabili.Moria, sull’isola greca di Lesbo, è stato il più grande campo profughi d’Europa. Era destinato ad accogliere 3.000 persone, ma nel momento di maggiore affluenza ne ha ospitate 20.000. Nel settembre 2020 un incendio ha distrutto il campo e circa 7.000 persone sono state evacuate in un nuovo campo, Kara Tepe, meglio conosciuto come Moria 2. Le condizioni di vita peggiorano drammaticamente: i diritti umani vengono violati, giornalisti e fotografi non possono entrare e gli operatori di emergenza hanno l’ordine di non scattare foto. La visibilità del campo sui media internazionali viene ridotta quasi a zero. Nel gennaio 2021, il collettivo Now You See Me Moria ha lanciato un appello a grafici, professionisti e autodidatti, per produrre poster sulla base di queste foto. Hanno risposto 446 designer. I manifesti possono essere scaricati e stampati dal sito www.nowyouseememoria.eu. Molte foto sono state scattate clandestinamente con un cellulare e i rifugiati non sono riconoscibili. Tutte le persone coinvolte in questo progetto collaborano su base volontaria, si tratta di un movimento (di cittadini) in crescita a livello internazionale, al quale si stanno unendo sempre più organizzazioni della società civile, con l’obiettivo di un’immediataevacuazione dei campi e di un cambiamento della politica migratoria europea